
Urubko: “Broad Peak e K2 in inverno e poi smetto”
Urubko prepara l’inverno dell’anno prossimo 2020-2021 a Zokopane, località alpinistica polacca ha rilasciato dichiarazioni importanti sulla sua prossima attività sugli ottomila.
Secondo quanto riportato da wispanie.pl nel prossimo inverno proverà a salire sia il Broad Peak che il K2, ha già il permesso in mano.
Broad Peak già conquistato a marzo
Il Broad Peak infatti è stato conquistato nella stagione invernale il 5 marzo dove in vetta arrivarono i polacchi Bielecki, Maleck, Berbeka e Kowalski (questi ultimi due sono morti nella fase di discesa). Per Urubko tale ascesa non è considerata invernale; per il kazako infatti l’inverno nel Karakorum termina il 28 febbraio.
Dopo il Broad Peak sarà il turno del K2
Dopo il Broad Peak, che tenterà di ascendere con l’americano Don Bowie, proverà il K2. Sarà già acclimatato e sarà molto rischioso. Non ci sarà con lui l’americano ma avrà intenzione di unirsi a qualche cordata che sarà presente lungo il cammino (Txikon?, la squadra nazionale polacca?). Alla fine ha dichiarato che dopo questo viaggio smetterà con l’alpinismo d’alta quota. Si concentrerà sulle scalata su roccia.
Txikon: quest’anno non è il nostro momento
Con questo comunicato il basco, primo conquistatore del Nanga Parbat in invernale ha deciso quest’anno dopo tanti anni di non partecipare ad alcuna spedizione invernale sugli 8000 dopo averne fatte su Makalu, Nanga Parbat, Everest e appunto K2.
Txikon, il comunicato integrale
Ciao cordata !!! Dopo il nostro ritorno dal K2 (8611 mt), abbiamo avuto l’opportunità di viaggiare e scalare in sufficienti posti.. sufficienti perché non è mai abbastanza.. Siamo alle porte dell’autunno e l’inverno sta arrivando. Durante questi ultimi mesi abbiamo tenuto lo sguardo sul K2, sono pieno di forza, energia e motivazione per tornare a provarci, se possibile ancora di più dopo la nostra prima spedizione.
Txikon, il comunicato integrale
Pesando il risultato, è stato un buon anno, durante il quale abbiamo innovato e apportato valore, e appreso molti aspetti che possono essere chiave per raggiungere il nostro obiettivo in futuro.
Tutto questo unito alla lunga esperienza accumulata in tante spedizioni, molte di esse invernali, ci convince che abbiamo realmente tanto da dare.
Le spedizioni invernali non sono “andare lì e baciare il santo”, bisogna andare lì e stringere i denti dal momento in cui si lascia il campo base.
In inverno, prevale la velocità rispetto al vecchio stile sovietico di resistenza nei campi di alta quota, devi essere in grado di resistere a temperature di meno 40 gradi sotto zero e venti estremamente violenti, non solo ai meno 12 gradi sotto zero del giorno della vetta dell’anno scorso.
In inverno l’esposizione e l’impegno sono altissimi e credo che solo pochi alpinisti abbiano sufficienti garanzie per scalare – ora si- il K2 in inverno.
Un altro dettaglio importante, nella primavera del 2004, per fare un esempio, sul Makalu (8463 mt) eravamo qualcosa meno di 20 persone, oggi possono arrivare ad essercene 400. E non è tanto questione di quanti eravamo o di quanti siamo ora, ma di come si fanno le cose.
Nessuno è più di chiunque altro, però le tendenze attuali sugli 8000 sono lontane dalle spedizioni di un tempo.
Osserviamo un dato, se analizziamo le attività che si realizzano sotto gli 8000, tralasciando montagne come Muztagata, Lenin, Aconcaua ecc … dove in determinati periodi dell’anno si concentra moltissima gente, la maggior parte sono innovative, in stile alpino e con un criterio alpinistico molto elevato. A differenza dei “Big 14”, dove la foto sulla cima prevale di fronte a tutto ciò che è veramente importante e ciò che è, in verità, rilevante, diventa invece irrilevante.
Oggi, chi vuole ascendere – più che scalare- montagne di 8000mt, può farlo facilmente, in rete trova tutte le informazioni.
Txikon, il comunicato integrale
Con una buona preparazione si può arrivare a raggiungere gesta come quelle che sta per completare il nepalese Nirmal Purja ( e di certo, quanto sono felice che sia un nepalese)
Quindi chi vuole le vette che si lanci su di esse.
Da parte nostra, credo che dalla nostra prima spedizione invernale abbiamo cercato di mostrare la realtà con obiettività.
Ci abbiamo provato essendo fedeli ai nostri principi, ai nostri valori, evitando di cadere negli standard e parametri attuali.
Mi piacerebbe ricordare che non molto tempo fa, nell’anno 2016, ci trovavamo sul Nanga Parbat.
Frutto di un arduo e duro lavoro da parte di Ali Sadpara e del resto della squadra, eravamo riusciti ad attrezzare il versante Diamir per la via Kinshofer. Quando ci mancava solo l’attacco alla vetta, abbiamo invitato due persone ad aggiungersi al nostro gruppo.
Ed ho avuto qui la dimostrazione di come la collaborazione tra due spedizioni possa dare risultati molto differenti, a seconda della serietà e del grado di coinvolgimento.
Nel 1895 si tentava per la prima volta una montagna di 8000 metri, il Nanga Parbat e questo capitolo iniziato più di 100 anni fa, si completò con la prima scalata invernale del Nanga il 26 febbraio 2016.
Senza dubbio siamo stati capaci di scrivere questo capitolo della storia perché abbiamo realizzato un lavoro magnifico unendo le forze, senza competizione.
Per tutti questi motivi e vedendo la grande aspettativa generata dai molti che vogliono tentarlo, abbiamo deciso, con grande rammarico, di non tornare al K2 quest’anno, nonostante abbiamo gran parte della nostra squadra in Pakistan, in quello stesso campo base.
Dopo 8 stagioni di spedizioni invernali, sentiamo che questo non è il nostro momento, quindi prendiamo il biglietto e passiamo all’ultimo posto della fila.
E auguriamo a tutti quelli che lo tenteranno quest’anno, tutta la fortuna del mondo, e che il K2 dia loro l’opportunità che non ha dato a noi.
Salud
Classe '93, napoletano di nascita, interista di fede. Scrivo sul web da quando avevo 16 anni: prima per hobby, poi per lavoro. Curioso di natura, amo le sfide (soprattutto vincerle). Mi affascinano il mondo dell'informazione e quello della comunicazione.