
Pensioni a 62 anni nel 2025 sempre più penalizzanti, ai tagli della quota 103 si somma anche il salasso dei nuovi coefficienti di trasformazione
Oltre alle penalizzazioni già ampiamente conosciute, per coloro che desiderano andare in pensione anticipatamente si fa sempre più dura a causa di altre circostanze e situazioni che rendono la pensione anticipata meno conveniente. La nuova finanziaria sostanzialmente ha confermato quota 103 che non è altro che la somma algebrica fra contributi ed età che è richiesta per uscire prima dal mondo del lavoro rispetto al sistema ordinario. Essendo stati modificati i cosiddetti coefficienti di trasformazione, andare in pensione prima espone i contribuenti al rischio di avere assegni molto bassi.
Come si è arrivati a quota 103
La vecchia quota 100 che venne approvata dal governo formato da Lega e M5S nel 2019, consentiva di andare in pensione a 62 anni con 38 anni di contributi versati e non prevedeva dei tagli agli assegni. Da allora le cose sono cambiate in modo esponenziale. Dalla quota 100 si è passati alla quota 102 (64 anni di età e 38 di contributi) che non prevedeva penalizzazioni, ma anche questa modifica ha avuto una durata limitata ad un solo anno. Con la manovra di Bilancio 2022, si è passati a quota 103, inizialmente senza tagli anch’essa ma con la condizione che l’importo massimo non poteva superare 5 volte il trattamento minimo.
Cosa è cambiato
La situazione, per chi vuole andare in pensione prima, si è complicata con la finanziaria del 2024 quando sono stati introdotti dei tagli che finiranno inevitabilmente per gravare sulle pensioni a 62 anni nel 2025. Con la riforma, i contributi necessari sono stati portati a 41 anni. Le pensioni a 62 anni nel 2025 saranno ancora possibili con la quota 103 (sempre con calcolo contributivo) ma chi ha versato già 18 anni di contributi entro il 1995, per effetto del calcolo misto della prestazione, si è trovato maggiormente penalizzato. Ma la vera regola che ha limato gli assegni è quella che prevede che la pensione massima non può superare le 4 volte (e non più 5) il trattamento minimo.
Le nuove penalizzazioni
Sostanzialmente le pensioni a 62 anni nel 2025 saranno identiche a quelle di oggi, cioè con calcolo contributivo e il divieto di cumulare i redditi da lavoro con i redditi da pensione. Il sistema della quota 103, nato nel 2023 ed esteso fino al 2025, in realtà non ha portato alcun beneficio sostanziale, come ha avuto modo di confermare Gabriele Fava, il massimo dirigente dell’Inps.
Il flop della misura continua, lo ha confermato anche l’INPS. Di fatto solo 1.600 lavoratori sono andati in pensione con questa misura. Un numero ben più basso di quello che si pensava, probabilmente per le eccessive limitazioni previste.
E nel 2025 sono previsti ulteriori tagli per chi va in pensione a 62 anni per via dell’aggiornamento biennale dei coefficienti di trasformazione che si usano come moltiplicatori per far diventare pensione il proprio montante contributivo ogni due anni. Questi coefficienti sono strettamente legati all’aspettativa di vita degli italiani. In sostanza più l’età aumenta e maggiori sono i tagli alle pensioni di chi vuole uscire anticipatamente dal mondo del lavoro.
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