
Attraverso la nuova direttiva l’Ue punta a rendere più trasparente il trattamento salariale
Da sempre lo stipendio dei lavoratori viene ritenuto un dato sensibile e pertanto le informazioni contenute all’interno delle buste paga vengono ritenute meritevoli di tutela a livello di privacy. Per questa ragione le attuali normative non rendono il salario divulgabile né tra colleghi, né da parte del datore di lavoro. Dal 2026 questa regola potrebbe cambiare per via di una nuova direttiva Europea che potrebbe decretarne il superamento.
Le ragioni della nuova direttiva
Si tratta di un’iniziativa che l’Unione Europea vuole intraprendere per promuovere la trasparenza e la parità di trattamento nel mondo del lavoro. Con la nuova direttiva, ogni lavoratore potrà conoscere nel dettaglio le medie salariali riferite alle mansioni svolte dai colleghi o da altri lavoratori che svolgono una mansione comparabile. Le nuove normative obbligheranno, fra l’altro, le imprese a rispondere tempestivamente (e comunque entro due mesi) alle eventuali richieste da parte dei dipendenti o dei loro rappresentanti, in caso di richiesta dei dati sui livelli salariali medi.
Gli obblighi delle aziende
L’azienda non si potrà sottrarre dal dover fornire informazioni precise e complete e non potranno imporre più alcun vincolo sulla condivisione del proprio stipendio da parte dei dipendenti. Attraverso la trasparenza salariale si punta a responsabilizzare di più le aziende che saranno chiamate così a garantire equità nel trattamento dei dipendenti. Si tratta di una vera e propria svolta, non solo dal punto di vista giuridico, ma anche dal punto di vista culturale, che abbraccerà anche le relazioni interne e la gestione del personale nelle aziende.
Cosa farà l’Italia?
L’Unione Europea mira anche ad indurre le aziende ad adottare un approccio più inclusivo nella valutazione delle carriere, evitando discriminazioni di sorta. Rendendo pubblici i livelli retributivi si valorizzerà anche la meritocrazia riducendo proprio quelle zone d’ombra che in passato hanno generato discriminazioni o privilegi. L’Italia non ha ancora recepito la nuova direttiva Europea che sicuramente è destinata a generare astio e contrapposizioni nel dibattito politico. Una vera e propria sfida a livello culturale e normativo che dovrà indurre le aziende ad adeguarsi per creare un ambiente di lavoro più moderno e più equo.
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