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Via le diciture “madre” e “padre” dalle carte di identità: la decisione della Cassazione destinata a far discutere

Secondo gli ermellini ogni bambino ha diritto a vedersi riconosciuto per quello che è, anche nei documenti d'identità

Via le diciture “madre” e “padre” dalle carte di identità: la decisione della Cassazione destinata a far discutere
Carte di identità, la decisione della Cassazione destinata a far discutere

Una svolta che riconosce dunque le famiglie considerate “non tradizionali” e rimette al centro i diritti dei bambini

L’ultima decisione presa dalla Corte di Cassazione sulla cancellazione delle parole “padre” e “madre” nelle carte di identità è destinata ad aprire un nuovo fronte polemico non solo fra le forze politiche ma anche nell’ambito del tessuto sociale. La decisione degli ermellini mirata a riconoscere ad ogni bambino il diritto di veder riconosciuta la propria situazione familiare, in assenza di uno solo o di entrambi i genitori o nel caso in cui cresca con due genitori appartenenti allo stesso genere, guarda al futuro a dispetto di una burocrazia che è rimasta ancora indietro rispetto alle mutazioni sociali che sono avvenute negli ultimi decenni.

Cosa è stato deciso

Nelle nuove carte di identità, anche in seguito alla decisione presa dalla Cassazione, non si dovranno più sottolineare forzatamente i ruoli di “padre” e “madre”, in applicazione del principio di uguaglianza sancito dalla Carta Costituzionale. Questa nuova sentenza aprirà un nuovo varco ed è destinata a modificare sostanzialmente il modo con cui lo Stato guarderà alle famiglie. Fra l’altro, a breve, dovrebbe arrivare una sentenza della Corte Costituzionale su una vicenda analoga, che dovrebbe contribuire a far maggior chiarezza su chi ha realmente il diritto di essere riconosciuto come genitore.

La Cassazione ha respinto il ricorso del Ministero dell’Interno

Di fatto gli ermellini, con la recente sentenza, hanno respinto in toto il ricorso presentato dal Ministero dell’Interno finalizzato al ritorno dei concetti di “madre” e “padre”. La vicenda, dal punto di vista giuridico, si è incardinata in seguito al ricorso presentato dal ministero dell’Interno contro una sentenza della Corte d’Appello che aveva dato il via libera al rilascio della carta d’identità a un minore con l’indicazione di entrambi i genitori appartenenti allo stesso genere (due madri). Secondo la Cassazione, occorre disapplicare il decreto del 2019 che impone di indicare nel documento solo le diciture “padre” e “madre” per tutelare anche quelle persone che sono nate nell’ambito di famiglie che non ricalcano lo schema tradizionale.

La centralità del minore nella motivazione della sentenza

La Cassazione ha ritenuto illegittimo negare a un bambino un documento fondamentale come la carta d’identità per la difformità del suo nucleo familiare rispetto agli schemi previsti dal decreto amministrativo. Con questa decisione è stata riconosciuta piena legittimità alla situazione familiare in cui una donna adotta il figlio della propria compagna, ribadendo la centralità dell’interesse del minore, al quale non può essere negato il diritto di crescere in un contesto stabile e riconosciuto.

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Marco Antonio Tringali

Coltivo da anni la passione per la scrittura e per i social network. La ricerca della verità, purchè animata da onestà intellettuale, è una delle mie sfide. Scrivo da diversi anni per importanti siti di informazione che mi danno l'opportunità di dare sfogo alla mia passione innata per il giornalismo.

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